Quantcast
Channel: corea del nord – Z Net Italy
Viewing all articles
Browse latest Browse all 26

E’ stato Kim ad andarsene

$
0
0

 

di Patrick Lawrence – 4 marzo 2019

L’improvviso e inatteso fallimento del secondo vertice Trump-Kim la settimana scorsa suscita molte domande. Togliamone di mezzo una prima di affrontare le altre: no, il crollo del dialogo tra il presidente Donald Trump e Kim Jong-un, il leader nordcoreano, non affossa la promettente possibilità di una pace nella penisola coreana dopo la firma, nel 1953, dell’armistizio che pose fine alla Guerra di Core. Ci sarà altro. Questo è stato chiaro nel giro di ore dalla fine del vertice.

A questo punto è ancora difficile discernere persino quello che è accaduto tra i due leader. I resoconti nordcoreani e statunitensi dei lavori a Hanoi sono molto diversi su punti chiave. Tenendo conto della storia, è molto probabile che la versione nordcoreana sia più vicina alla verità di ciò che l’amministrazione Trump sta facendo circolare e che la stampa statunitense doverosamente riferisce.

Trump e il Segretario di Stato USA Mike Pompeo tengono una conferenza stampa dopo il vertice del 28 febbraio 2019 a Hanoi (White House Photo di Joyce N. Boghosian)

Secondo il racconto di Trump, Kim aveva accettato di smantellare la sua più importante struttura di produzione nucleare, a Yongbyon, circa 60 miglia a nord di Pyongyang. In cambio Kim aveva chiesto che tutte le sanzioni ora in vigore contro la Corea del Nord – alcune approvate dall’ONU altre imposte solo da Washington – fossero cancellate.

Ecco Trump che parla a corrispondenti giovedì mattina dopo la rottura:

“Fondamentalmente loro volevano che le sanzioni fossero cancellate nella loro totalità e noi non potevamo farlo. Erano disposti a denuclearizzare una vasta porzione delle aree che noi volevamo, ma noi non potevamo rinunciare per questo a tutte le sanzioni… Loro volevano le sanzioni cancellate ma non erano disposti a rinunciare a un’area che noi volevamo”.

La “vasta porzione” citata da Trump è Yongbyon, non c’è discussione al riguardo. Pyongyang ha chiuso il reattore di Yongbyon due volte in passato, nel 1994 e nel 2007. Nel 2008 Kim Jong-il, il padre di Kim al governo, ordinò la demolizione della torre di raffreddamento, un evento diffuso in televisione che molti lettori ricorderanno. Il sito è stato riattivato in anni successivi dopo una serie di dialoghi multilaterali che non erano arrivati a nulla.

 

La struttura di Kangson

L’”area che volevamo” pare riferirsi a una presunta struttura nucleare a Kangson, pure vicina alla capitale nordcoreana. Ciò che il Nord fa realmente a Kangson non è mai stato verificato, ma era uno di numerosi siti che la parte statunitense insisteva Pyongyang chiudesse.

Traduzione della versione statunitense degli eventi a Hanoi: Kim ci ha offerto solo uno dei punti della nostra lista chiedendo contemporaneamente che noi gli dessimo tutto quel che voleva. Come si poteva mai accettare un simile patto?

Dirigenti nordcoreani raccontano una storia diversa. Dopo che Trump aveva offerta la sua descrizione post vertice degli eventi, il ministro degli esteri del Nord, Ri Yong-ho, ha tenuta una propria conferenza stampa; una rarità tra i dirigenti nordcoreani. Kim aveva accettato di chiudere la principale struttura nucleare del Nord, secondo il resoconto di Ri, se gli Stati Uniti avessero acconsentito a cancellare solo i cinque insiemi di sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel 2016 e 2017.

Diversamente dalle restrizioni sulle armi e sulle attività collegate al nucleare, essere coprivano interi settori di esportazione, tra cui minerali, metalli, carbone, agricoltura e pesce. Queste, ha detto Ri, erano le misure che danneggiano direttamente la vita e i mezzi di sussistenza dei nordcoreani comuni. Un livello sull’altro delle altre sanzioni sarebbero rimasti in vigore.

 

Cosa c’è di sbagliato?

Traduzione della posizione nordcoreana a Hanoi: noi compiremo un passo considerevole verso la denuclearizzazione a condizione che voi ne facciate uno di portata corrispondente. Ora la domanda cambia: che cosa esattamente c’è di sbagliato in un patto simile?

Occorre tornare ai primi mesi di Trump in carica per capire quello che pare essere successo a Hanoi. La posizione iniziale dell’amministrazione era semplice, ma ridicola: il Nord doveva disarmare completamente prima che Washington addirittura avviasse il dialogo.

Trump lascia il secondo vertice con Kim Jong Un il 28 febbraio 2019 all’aeroporto internazionale Noi Bai di Hanoi (White House Photo di Shealah Craighead)

 

Solo quando l’assurdità di questa richiesta massimalista è divenuta troppo evidente per essere sostenuta – “dateci tutto quel che vogliamo negoziare, prima di negoziare” – l’amministrazione Trump ha modificato le sue richieste, anche se con riluttanza e limitatamente.

Moon Jae-in, il presidente della Corea del Sud, si era opposto a ciò non appena Trump aveva accettato l’anno scorso di incontrare Kim, come avvenuto a Singapore lo scorso giugno. La via da percorrere era “azione per azione”, nell’espressione di Moon. L’espressione di Pyongyang per la stessa cosa è “misure corrispondenti”. Altrove il concetto è chiamato “progressività”. Comunque lo si chiami, un processo graduale, passo dopo passo, è la sola via da seguire dopo quasi sette decenni di reciproca diffidenza.

 

Il rifiuto di Trump

In effetti Kim ha proposto un approccio progressivo quando ha incontrato Trump la settimana scorsa. E in effetti Trump lo ha rifiutato. Non meraviglia che John Bolton, in consigliere di Trump per la sicurezza nazionale e super-falco dell’amministrazione nei confronti della Corea del Nord, abbia assicurato colleghi che la pensano come lui di non agitarsi riguardo ai vertici tra Trump e Kim perché è garantito che falliranno.

“Questo tipo di opportunità può non ripresentarsi mai”, ha affermato il ministro degli esteri del Nord, Ri, nella sua conferenza stampa di tarda serata. Non è qui che si gioca la partita.

Innanzitutto Moon Jae-in, non appena il vertice di Hanoi è fallito, ha promesso di contribuire a mediare tra il Nord e gli Stati Uniti. E da quando Moon è stato eletto presidente della Corea del Sud nel maggio del 2017 è chiaro che il controllo dell’ordine del giorno riguardo alla Penisola Coreana è gradualmente passato dagli Stati Uniti e Seoul e quelli che collaborano con esso, in particolare Cina e Russia.

Secondo: Moon ha un rapporto di fiducia con Kim. E quest’ultimo fa indiscutibilmente sul serio riguardo a far svoltare le priorità del Nord dal potenziale nucleare allo sviluppo economico. Kim, in una parola, vuole un accordo.

Il principale pericolo per i futuri progressi verso una soluzione duratura nell’Asia Nord-orientale sta a Washington. E’ stato il demolitore della questione coreana già in passato, non dimentichiamolo. Nei primi anni del 2000 gli Stati Uniti non hanno mai consegnato i due reattori ad acqua leggera che avevano promesso al Nord in cambio della cessazione del suo programma nucleare. Dopo che Yongbyon era stato chiuso nel 2007, gli Stati Uniti non hanno fornito le spedizione promesse di combustile per il riscaldamento, citando una “intesa tra le parti” della quale né Cina né Russia, firmatarie anch’esse dell’accordo, avevano mai saputo nulla.

Questa volta ci sono pochi dubbi che Bolton e gli altri falchi dell’amministrazione Trump non intendano bloccare i progressi il più a lungo possibile. Sono appena riusciti ad affossare i piani dalla lunga gestazione di Moon per sviluppare una serie di progetti economici transfrontalieri. Il leader sudcoreano aveva sperato che un comunicato programmato da diffondere alla fine del vertice a Hanoi avrebbe aperto la via per lo sviluppo di queste attività. Trump e Kim non l’hanno mai firmato.

“Abbiamo dovuto andarcene”, ha detto Trump nella sua conferenza stampa nella capitale vietnamita. E’ più probabile che sia stato Kim ad andarsene per primo.

“Riteniamo che possa non possa esserci una necessità di continuare”, ha detto in seguito Choe Son-Hui, viceministro degli esteri di Kim. “Stiamo riflettendo profondamente”. E’ difficile biasimare Pyongyang per questo, considerato il risultato di Hanoi.

Patrick Lawrence, per molti anni corrispondente dall’estero, principalmente per l’International Herald Tribune, è un giornalista, saggista, scrittore e conferenziere. Il suo libro più recente è ‘Time No Longer: Americans After che American Century’ (Yale). Seguitelo su @thefloutist. Il suo sito web è www.patricklawrence.us. Sostenete il suo lavoro via www.patreon.com/thefloutist.

 

Da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Originale: https://consortiumnews.com/2019/03/04/patrick-lawrence-it-was-kim-that-walked-away/

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2019 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.

 

 


Viewing all articles
Browse latest Browse all 26

Latest Images

Trending Articles